Oltre la Cortina di Ferro – Le vite degli altri – Sesta Parte (Polonia)

Lo stato polacco che uscì dal secondo dopoguerra fu uno stato ridotto in macerie. Mentre nel 1939 la Polonia aveva 35,1 milioni di abitanti, alla fine della guerra solamente 29,1 milioni rimanevano dentro i propri confini.

Il primo censimento del dopoguerra del 14 febbraio 1946 mostrò 23,9 milioni a causa delle migrazioni. Inoltre la Polonia non fu aiutata dal fatto di essere una nazione prevalentemente agricola. Le perdite in termini di risorse e di infrastrutture ammontavano ad oltre il 30% del potenziale pre-bellico.

Il compito del nuovo governo fu da subito gravoso, dato che da un lato doveva ricostruire il paese, dall’altro assicurarsi l’appoggio della popolazione diffidente verso un esecutivo che era entrato da subito nell’orbita sovietica. Nel 1947 l’influenza sovietica sul governo polacco portò a respingere il piano Marshall e ad aderire, nel 1949, all’organizzazione di collaborazione e sviluppo delle economie socialiste, denominata Comecon. Allo stesso tempo le forze sovietiche trovarono una preda negli ex territori della Germania che furono trasferiti in Polonia, privandola di importanti macchinari, infrastrutture e fabbriche  inviati in Unione Sovietica.

Ancor prima che l’Armata Rossa entrasse in Polonia, l’URSS si adoperò per eliminare ogni elemento anticomunista all’interno dello stato polacco affinché la nazione entrasse sotto la loro sfera d’influenza. Il 25 aprile 1943, in seguito alla richiesta ufficiale del governo polacco in esilio a Londra affinché la Croce Rossa avviasse un’inchiesta sul massacro di 10.000 militari polacchi operato nella foresta di Katyn, Stalin ruppe le relazioni con la Polonia. Tuttavia, l’URSS non volle irritare troppo gli alleati occidentali e perciò nella Conferenza di Jalta del 1943 concordò la formazione di un governo di coalizione composto da comunisti, filo-occidentali del governo in esilio della Polonia e i membri del movimento di resistenza Armia Krajowa (“Esercito Locale”), al fine di garantire lo svolgimento di libere elezioni.

Il 28 giugno del 1945 venne formato il governo di unità nazionale, con Stanislaw Mikołajczyk del Partito Popolare Polacco (ex capo del governo polacco in esilio) come Primo Ministro. Questo governo aveva il compito di traghettare il paese verso le elezioni del 1947. I principali rivali del partito comunista erano i veterani dell’Armia Krajowa, il partito dei contadini di Mikołajczyk  e i veterani dell’esercito polacco che combatterono nel fronte occidentale. La maggior parte del potere politico era comunque detenuto dai partiti filosovietici, in particolare il Partito dei lavoratori polacchi di Władysław Gomułka e Boleslaw Bierut.

A Jalta Stalin promise che le elezioni sarebbe state libere. Ma Gomulka e Bierut sapevano benissimo che i comunisti erano invisi alla maggioranza della popolazione. Di conseguenza, nel 1946 invece delle elezioni, venne convocato un referendum nazionale, detto “dei tre si”. Il referendum comprendeva tre domande: l’abolizione del senato, la riforma agraria e la nazionalizzazione delle industrie e la consolidazione del confine occidentale sulla linea Oder-Neisse. Il referendum aveva lo scopo implicito di saggiare il consenso del popolo polacco al comunismo. I risultati mostrarono una nazione in maggioranza contraria ai quesiti proposti. Nonostante questo, il referendum venne pilotato dai comunisti e dai suoi sostenitori, i quali, già detentori del potere politico, usarono la polizia per minacciare, violentare e anche uccidere gli attivisti delle altre forze politiche e falsificare i risultati. Dopo il referendum, l’economia polacca iniziò ad essere nazionalizzata.

Il potere comunista fu consolidato gradualmente, in primis annientando l’opposizione anticomunista del partito dei contadini di Mikołajczyk. Si arrivò persino alla condanna a morte di Witold Pileckim, organizzatore della resistenza ad Auschwitz, nonché uno dei principali capi dell’Armia Krajowa.

Nel 1946 vennero messi fuori legge i partiti conservatori. Nel 1947 si formò il filogovernativo “blocco democratico”, formato dal Partito Operaio Unificato Polacco e dai suoi alleati. Nel gennaio del 1947 si tennero le elezioni legislative, in cui vennero ammessi solamente i candidati oppositori al Partito Popolare Polacco (partito dei contadini), il quale era senza potere per il controllo governativo. I risultati furono aggiustati anche da Stalin in persona, in modo che i comunisti arrivassero a detenere fino a 417 su 434 seggi nel Sejm, la camera bassa del Parlamento polacco, esautorando di fatto ogni opposizione. Molti membri dei partiti d’opposizione, Mikołajczyk compreso, dovettero lasciare la Polonia. I governi occidentali non protestarono, il che portò molti polacchi anticomunisti a parlare del “Tradimento occidentale”. Intanto il nuovo Sejm creò la Piccola costituzione del 1947 e nei successivi due anni, i comunisti si assicurarono la loro ascesa al potere, monopolizzando il potere politico sotto la guida del POUP.

Dal 1948 la Polonia divenne de facto un paese a partito unico e stato satellite dell’Unione Sovietica. Fu permessa l’esistenza di due partiti fantoccio, uno dei contadini e uno dell’intelligentsia. Iniziò subito un periodo di stalinizzazione.

Nel 1948 la rottura dei rapporti tra Jugoslavia e URSS portò anche in Polonia alla caccia alle “spie titoiste”. Uno dei capi dei comunisti polacchi Gomulka fu accusato di “tendenze nazionalistiche”. La conseguenza fu la sua espulsione dal partito e il suo imprigionamento. Bierut rimpiazzò Gomulka.

Il nuovo governo era di fatto un’emazione diretta dell’URSS, dato che tutti i gangli vitali dello stato erano pieni di ufficiali sovietici. Il più importante di questi fu Konstantin Rokossovsky, ministro della difesa dal 1949 al 1956. Questo governo pianificò un programma di ampie riforme economiche e di ricostruzione nazionale. La fazione stalinista si rivoltò perché temeva che questa linea programmatica andasse in contrasto con il modello sovietico di socialismo. Con il Piano dei Sei anni del 1950 venne pienamente adottato il modello sovietico di economia pianificata.

Nello stesso anno gli USA lanciarono il Piano Marshall, che aveva il compito di risollevare economicamente l’Europa distrutta dalla guerra. Su pressione dell’URSS il governo polacco rifiutò il piano di aiuti statunitense. Questo rifiutò acuì la sensazione di gap in ricchezza dell’Est rispetto all’Ovest.

La Costituzione del 1952 sancì l’assistenza sanitaria universale e l’istruzione libera e gratuita per tutti. Entrambi i provvedimenti vennero accolti con favore dalla popolazione, anche se il controllo governativo sugli insegnati non allineati rimase ferreo, soprattutto su materie come la storia e la scienza. Tra il 1951 e il 1953 molti professori di orientamento conservatore e reazionario furono licenziati dall’università.

Il “sostegno” della popolazione al regime comunista diminuì quando iniziò la persecuzione della Chiesa Cattolica, essendo i polacchi un popolo profondamente credente. La Stowarzyszenie PAX (“Associazione PAX”) venne creata nel 1947 per ostacolare il sostegno dell’uomo della strada e per far nascere una chiesa cattolica comunista. Nel 1953 il Primate di Polonia Stefan Wyszyński venne messo agli arresti, sebbene volesse andare a patti con il governo comunista.

La costituzione del 1952 dichiarò ufficialmente che la Polonia era diventata una repubblica popolare. La carica di presidente della repubblica venne abolita e Bierut, il Primo Segretario del POUP, divenne il leader assoluto della Polonia.

Stalin morì nel 1953. Gli succedette il “riformista” Nikita Sergeevič Chruščëv, da subito impegnato nella denuncia dei crimini stalinisti. Questa cosa mandò in forte crisi gli stalinisti polacchi e in generale nel blocco orientale emerse un nuovo spirito “riformista”. Con la morte di Bierut, avvenuta proprio nel marzo del 1956, si esacerbarono le divisioni all’interno del POUP. Il successore di Bierut fu Edward Ochab nella carica di Primo Segretario; come primo ministro venne scelto Cyrankiewicz.

I comunisti polacchi furono divisi all’interno di due fazioni informali, chiamate: Natolin e Pulawy a seconda delle località nelle quali tennero le loro prime riunioni: il palazzo di Natolin vicino a Varsavia e la strada di Pulawska a Varsavia. La prima fazione era legata al mondo rurale e propugnava un’ideologia nazional-comunista. Gomulka era il suo esponente principale. La seconda includeva ebrei comunisti, come i vecchi membri dell’intelligentsia, e voleva una sovietizzazione della Polonia.

Nel 1956 i lavoratori della città industriale di Poznan scesero in strada per protestare contro il governo Cyrankiewicz. All’inizio il regime reagì duramente. Infatti ci furono enormi scontri e 80 persone furono assassinate. Ma via via che passava il tempo ci si accorse di aver perso il sostegno dell’Unione Sovietica, ormai in piena destalinizzazione. Il governo scelse la strada della conciliazione, annunciando aumenti salariali ed altre riforme. All’inizio intellettuali e membri del partito sollevarono voci e proteste chiedendo più ampie riforme nel sistema stalinista.

Capendo di aver bisogno di una nuova guida, nell’ottobre 1956, quello che venne poi chiamato l’Ottobre Polacco, il POUP scelse come primo segretario Władysław Gomułka, un moderato che in precedenza venne “purgato”, avendo perso la battaglia con Bierut.

Gomulka rassicurò subito l’URSS sul fatto che la Polonia non sarebbe andata persa, anzi. Nel 1955 proprio a Varsavia venne firmato il Patto di Varsavia, con la quale il blocco orientale si contrapponeva alla NATO.

I membri dell’ala dura degli stalinisti, tra cui Berman, vennero rimossi dal potere, insieme a molti ufficiali dell’armata sovietica in servizio alla polizia polacca, tuttavia nessuno di questi venne processato per le violenze perpetrate durante il periodo di Bierut. Konstantin Rokossovsky e altri consiglieri sovietici furono rispediti in patria, cosicché il comunismo polacco intraprese un orientamento più indipendente da Mosca.

L’avvento di Gomulka fu accolto con sollievo dalla popolazione polacca per via del suo passato di avversario dello stalinismo. Gomułka promise la fine dello stato del terrore, più libertà politiche e religiose, aumenti di salari e il rovesciamento della collettivizzazione forzata. Le elezioni del 1957 si svolsero in un clima più tranquillo rispetto alle precedenti, anche se non vennero ammessi candidati delle opposizioni.

Sebbene la Polonia venne descritta come uno stato più libero della Cecoslovacchia, della Romania e della Germania Est, la censura continuò ad essere presente. Si poteva finire in carcere anche solo facendo della satira sul leader del partito, come successe a Janusz Szpotanski. Quando la popolarità di Gomułka iniziò a scendere, il regime tornò ad essere più repressivo.

Venne ripristinato il controllo governativo sulle università, e molti membri riformisti vennero espulsi dal POUP. Si affermò una via nazionalista al comunismo, con fulcro principale la polemica nei confronti della Repubblica Federale di Germania, la quale si rifiutava di riconoscere di riconoscere, come confine, la linea Oder-Neisse.

Come negli altri paesi del blocco sovietico, anche in Polonia si puntò tutto sull’industria pesante, a discapito dei beni di consumo, il che provocò una crisi economica a metà degli anni ’60. Con la fine della collettivizzazione, i fondi agricoli tornarono ai contadini, ma le loro proprietà erano troppo piccole per essere sufficientemente efficienti. Le relazioni con la RFG restavano fredde per la questione della linea Oder-Neisse. Gomułka scelse di ignorare la crisi economica e i suoi metodi autocratici evitarono i grandi cambiamenti richiesti per prevenire alla spirale economica.

Gomulka divenne presto l’obiettivo di tentativi di golpe. Il suo capo della sicurezza, Mieczyslaw Moczar, un partigiano comunista attivo durante la Seconda guerra mondiale, formò una nuova fazione, detta “i partigiani”, basata su sentimenti nazionalcomunisti, anti-intellighenzia e anti-semiti. Il capo del POUP dell’Alta Slesia, Edward Gierek, prodotto genuino della classe operaia, emerse come leader alternativo.

Nel marzo del 1968 scoppiò una rivolta studentesca nei pressi dell’università di Varsavia dopo che il governo censurò la performance del pezzo teatrale di Adam Bernard Mickiewicz. Moczar ne approfittò per lanciare una campagna antisemitica e anti-intellighenzia, il cui reale scopo era quello di indebolire la fazione riformista del POUP. In questo periodo circa 20000 ebrei persero il lavoro e dovettero emigrare.

Il leader polacco fu salvato da due fattori. Il primo fu che l’allora URSS guidato da Breznev non avrebbe tollerato nessuna rivolta in Polonia e vedeva con sospetto l’ascesa al potere di Moczar, sospettato di sentimenti antisovietici. Il secondo fu rappresentato in parte dalla diffidenza dei lavoratori nei confronti dell’intellighenzia, in parte dagli aumenti di stipendio promessi da Gomulka.

Nell’agosto 1968 la Polonia partecipò all’invasione della Cecoslovacchia. Alcuni intellettuali polacchi protestarono e Ryazard Siwiec si immolò durante le celebrazioni della festa nazionale. Con la partecipazione polacca all’invasione della Cecoslovacchia, con la quale venne posto fine all’esperimento di liberalcomunismo (o “socialismo dal volto umano” come venne definito in seguito) Gomułka perse l’appoggio degli intellettuali riformisti. Tuttavia, nel 1970 Gomulka ottenne l’agoniato riconoscimento della linea Oder-Neisse. Nello stesso anno il cancelliere federale Brandt in visita al Ghetto di Varsavia si inginocchiò per chiedere perdono dei crimini commessi dalla Germania durante la Seconda Guerra Mondiale; questo gesto fu interpretato dai polacchi come un porgere le scuse nei loro confronti, quando in realtà il politico socialdemocratico si rivolse agli ebrei.

Furono tutti successi temporanei che non poterono mascherare la crisi economica sempre più evidente. Sebbene il sistema dei prezzi fissi tenesse sotto controllo lo scontento urbano, causò stagnazione nel comparto agricolo e importazione di derrate alimentari. Questa situazione fu insostenibile e nel dicembre del 1970 il regime improvvisamente annunciò un massiccio incremento dei prezzi dei prodotti alimentari. L’aumento dei prezzi fu impopolare tra i ceti operai urbani. Gomułka credette che l’accordo con la RFG lo avrebbe fatto diventare più popolare, ma la maggioranza della popolazione polacca non sentiva più come pericolo incombente la minaccia tedesca; i polacchi non potevano più tollerare il regime comunista come garanzia di un aiuto sovietico per la difesa della linea Oder-Neisse.

Nel dicembre 1970 scoppiarono rivolte contro l’aumento dei prezzi nelle città costiere di Danzica, Gdynia, Elblag e Stettino. Il governo commise l’errore di sparare sui dimostranti. A Gdynia l’esercito fece fuoco sui rivoltosi, il che portò al dilagare della protesta in altre città, e all’occupazione delle fabbriche.

I capi del POUP si incontrarono a Varsavia e concordarono sul fatto che una rivolta operaia su larga scala sarebbe diventata inevitabile senza drastici cambiamenti. Con il consenso di Breznev, Gomulka e altri dirigenti furono rimossi dal potere. Al suo posto venne messo Edward Gierek. Quest’ultimo promise subito l’abbassamento dei salari, dei prezzi e riforme politiche ed economiche. Il gesto più clamoroso fu però quello di andare a Danzica per incontrare i lavoratori e spiegare loro i fatti repressivi del dicembre 1970. Promise che avrebbe governato nel loro nome, essendo lui stesso di origine proletarie.

Le promesse di Gierek assomigliavano a quelle dei suoi successori, ma i polacchi decisero comunque di dargli credito, considerandolo una persona seria ed onesta. Le sue promesse gli diedero tempo per creare un nuovo programma economico, basato su larga scala sui prestiti in denaro dall’ovest, soprattutto dagli Stati Uniti e dalla Repubblica Federale di Germania, con la scopo di acquistare alcune tecnologie che avrebbero aggiornato la produzione polacca di merce da esportare. L’ammontare totale dei prestiti si aggirò sui 10 miliardi e permise alla Polonia di trasformare e modernizzare la propria industria ed importare beni di consumo al fine di incentivare il lavoro dei lavoratori. I successivi quattro anni in Polonia si sperimentò un forte incremento degli standard di vita.

Nel 1975 la Polonia firmò gli Accordi di Helsinki ed entrò a far parte dell’OCSE, contribuendo a una distensione nei rapporti tra URSS e USA. Nonostante il regime dichiarò di aver messo in pratica le libertà contenute nell’accordo, nella sostanza cambiò poco. Questo fece si che i polacchi divennero consci dei diritti a loro negati.

L’esigenza di chiedere sempre nuovi prestiti e il rifiuto dei creditori occidentali di prestare alla Polonia nuovi soldi  costrinse nel giugno 1976 il governo polacco ad aumentare i prezzi:  il burro del 33%, la carne del 70%, lo zucchero del 100%. Il risultato fu un’immediata ondata di scioperi in tutto il paese, con dimostrazioni violente e saccheggiamenti a Plock e a Radom. Gierek tornò sui suoi passi, facendo dimettere il primo ministro Piotr Jaroszewic e revocando gli aumenti dei prezzi. Questo atto indebolì economicamente e politicamente il governo.

Le agitazioni del 1976 e i successivi arresti, spinsero un gruppo di intellettuali e lavoratori alla strenua opposizione al POUP. Jacek KuronAdam Michnik fondarono il Comitato di Difesa degli Operai (KOR). Inizialmente il KOR si proponeva di aiutare gli operai vittime della repressione del 1976, ma ben presto divenne un gruppo di dissenso organizzato. Con la nascita del KOR gli intellettuali accettarono la leadership della classe lavoratrice.

Verso la fine degli anni settanta l’opposizione al comunismo si era rafforzata, ma Gierek decise di non attuare nessuna repressione. A lui interessava solo avere la simpatia dei lavoratori insoddisfatti e dimostrare all’URSS che la Polonia non era un problema. Il centro dei problemi non era l’opposizione interna, ma il rapporto con l’Unione Sovietica. Vista la posizione strategica dello stato polacco a cavallo tra URSS e Germania, i sovietici non avrebbero mai permesso una via autonoma al comunismo.

In un contesto del genere accadde un fatto che sconvolse gli equilibri nazionali: il 16 ottobre 1978 l’arcivescovo di Cracovia Karol Wojtyła fu eletto Papa con il nome di Giovanni Paolo II. Quando costui fece visita alla sua terra madre nel giugno 1979, almeno mezzo milione di persone ascoltarono il suo discorso tenuto a Varsavia e circa un quarto dell’intera popolazione polacca seguirono almeno una delle sue messe. In poco tempo Giovanni Paolo II divenne il personaggio più noto in Polonia, lasciando il regime ignorato. Giovanni Paolo II non incitò la ribellione, piuttosto preferì incoraggiare la nascita di una “Polonia alternativa”, formata da istituzioni indipendenti dal governo, così con la successiva crisi, il fronte di opposizione si compattò.

Attorno al 1980 la leadership comunista si trovò stretta tra il dilemma politico e quello economico. Sapeva che in caso di libere elezioni il POUP avrebbe perso nettamente, essendo inviso alla maggioranza della popolazione. Dal punto di vista economico non aveva altra via che l’innalzamento dei prezzi, sebbene conscia che questo provvedimento avrebbe provocato una nuova ondata di scioperi e occupazioni delle fabbriche. Le banche occidentali avevano prestato oltre 500 milioni di dollari al governo polacco, così al meeting della Banca Handlowy, tenutosi a Varsavia il 1º giugno 1980, fu reso chiaro al governo che non poteva mantenere prezzi così bassi dei beni di consumo. Il governo decise così per l’innalzamento graduale dei prezzi, in particolare della carne. Nuove e imponenti occupazioni e scioperi dilagarono in tutto il paese, coordinate dal quartier generale del KOR. Dalla fine della Seconda guerra mondiale fino al 1978 gli Stati Uniti prestarono 677 milioni di dollari al governo polacco. Nel 1979 furono prestati al regime comunista altri 500 milioni di dollari.

In questo contesto di crisi il governo Gierek si dimostrò debole. In un certo senso aveva perso lo zelo dell’epoca stalinista. Fu un esecutivo timoroso di causare altri spargimenti di sangue e dominato dalla corruzione. All’inizio di agosto l’ondata di scioperi raggiunse la costa baltica, in particolare i cantieri navali di Danzica. Uno dei leader degli scioperati era l’elettricista Lech Walesa che ben presto divenne una figura di importanza internazionale. L’ondata di scioperi della costa baltica ebbe un grande successo tanto da tenere chiusi i porti e da fermare l’economia. Il lavoratori, che occuparono le fabbriche, le miniere e i cantieri navali ebbero l’assistenza degli attivisti del KOR e il supporto di molti intellettuali.

Il governo polacco si trovò di nuovo di fronte al dilemma del 1956: repressione violenta o accordo con i lavoratori, salvando almeno esteticamente l’egemonia comunista? Si decise per l’ultima opzione, così il 31 agosto 1980 si arrivò alla firma degli accordi di Danzica. Gli accordi di Danzica diedero il permesso ai lavoratori di associarsi in sindacati liberi, all’abolizione della censura e del lavoro domenicale, all’incremento del salario minimo e dello Stato sociale e all’abolizione della supervisione del POUP nelle attività industriali. L’egemonia del partito venne fortemente indebolita in ciò che era considerato il primo passo verso lo smantellamento del comunismo.

Gli accordi permisero la nascita del primo sindacato indipendente Solidarność, fondato nel settembre 1980 e guidato originalmente da Lech Walesa. Il sindacato fu sostenuto da un gruppo di intellettuali dissidenti: il KOR,  che aderirono ad una politica di resistenza non violenta. Col passare del tempo Solidarność divenne la maggior forza di opposizione polacca al regime comunista.

Le idee di Solidarność fecero presa in tutta la Polonia; si formano sempre più nuovi sindacati che poi si unirono in federazione a quest’ultimo. Il programma di “Solidarietà”, sebbene trattasse principalmente di questioni sindacali, fu da tutti considerato come il primo passo verso l’abbattimento del comunismo in Polonia. Alla fine del 1981 il sindacato vantava nove milioni di membri; un quarto della popolazione della Polonia, tre volte più numeroso dei membri del POUP. Utilizzando gli scioperi e altre tattiche, il sindacato cercò di bloccare le iniziative del governo.

Nel settembre 1980 il sempre più fragile Gierek fu rimosso dall’incarico e sostituito con Stanislaw Kania. Anche Kania fece le stesse promesse di Gomulka e di Gierek quando giunsero al potere. Ma ormai la macchina del tempo era in movimento e mai nessuno si sarebbe aspettato che anche il nuovo capo del governo avrebbe potuto mantenere le promesse. Intanto la situazione economica precipitava sempre di più. Nel 1979 il Prodotto nazionale lordo scese del 2%, nel 1980 dell’8% e nel 1981 del 15–20%. La corruzione pubblica diventò endemica con la carenza di alloggi e il razionamento del cibo. Questi, insieme ad altre concause, furono i fattori che contribuirono alla crescita dei disordini sociali.

Il 13 dicembre 1981, sostenendo il rischio di un collasso economico e civile e di un’invasione sovietica da Est e della Germania Orientale da Ovest, Wojciech Jaruzelski, che diventò segretario del partito nazionale e Primo Ministro in quell’anno, dichiarò la legge marziale, sospendendo il sindacato e imprigionando temporaneamente la maggior parte dei suoi leader. L’8 ottobre del 1982 Solidarnosc fu messo fuori legge.  La legge marziale fu formalmente abrogata nel luglio del 1983, sebbene controlli di polizia che incidevano sulle libertà civili e sulla vita politica, così come il razionamento dei generi alimentari, rimasero in vigore fino alla seconda metà degli anni ottanta.

Gli anni ’80 furono anni caotici per la Polonia, stretta tra la ribellione di Solidarnosc e la legge marziale. I lavori per la maggior parte degli investimenti iniziati negli 1970 furono bloccati, come il grattacielo di Cracovia. Il razionamento e le code nei negozi divennero uno degli stili di vita tipici di quegli anni, con carte razione necessarie per acquistare anche i beni di consumo basilari come il latte e lo zucchero. L’accesso ai beni di lusso occidentali diminuì di molto a causa delle sanzioni imposte come forma di protesta contro la legge marziale, mentre il governo utilizzò la maggior parte della valuta straniera per pagare i suoi debiti.

Il governo comunista tentò (senza successo) vari espedienti per migliorare i risultati dell’economia. Per raccogliere valuta straniera il governo avviò, in tutte le città polacche, la creazione di negozi Pewex controllati dallo Stato in cui le merci potevano essere acquistate solo con valuta occidentale. Negli anni ottanta centinaia di migliaia di polacchi emigrarono all’estero alla ricerca di un lavoro. Il governo fu costretto a programmare alcune riforme economiche su piccola scala, permettendo la nascita di alcune piccole imprese private e abbandonando il modello classico di economia socialista.

Il governo polacco si rese contò che la situazione era diventata insostenibile e iniziò a fare delle piccole concessioni all’opposizione. Oltre a Solidarnosc, iniziarono a formarsi altri movimenti d’opposizione, come Alternativa Arancione fondato da Waldemar Frydrych, i quali organizzavano proteste di strada dove si riunivano centinaia di migliaia di partecipanti e si rompeva il muro di timore per le leggi marziali. Nel novembre 1988 si aprirono i canali di comunicazione tra il governo e il sindacato cattolico. L’ascesa al potere di Gorbaciov fu un altro stimolo al governo polacco sulla via riformatrice e di apertura alle opposizioni.

Con la decima sessione plenaria del dicembre 1988 i leader del POUP decisero di trattare con Solidarność. Dal 6 febbraio al 15 aprile 1989 ebbero luogo 94 sessioni di colloqui tra 13 gruppi di lavoro, conosciuti poi come gli Accordi della Tavola Rotonda, i quali alterarono radicalmente la struttura del governo e della società polacca. Il risultato dei colloqui portarono all’investimento del potere a un parlamento bicamerale e a un presidente.

Nell’aprile del 1989 Solidarnosc fu dichiarato nuovamente legale, il che gli permise di partecipare alle elezioni semi-libere del giugno dello stesso anno. Semi-libere perchè il POUP le aveva architettate in modo da detenere ancora il potere politico;  infatti solo un terzo dei seggi della camera bassa venne aperta ai rappresentanti di Solidarność, mentre gli altri due terzi restavano riservati ai membri del POUP e ai loro alleati. I comunisti pensavano che le elezioni fosse un modo per legittimare il loro potere, avviando nel contempo la pianificazione di alcune riforme. Le opposizioni criticarono l’atteggiamento arrendevole di Solidarność, credendo che ciò avrebbe permesso ai comunisti di mantenere il potere negli anni novanta.

Ma la lettura dei risultati ufficiali produsse un autentico terremoto politico. Solidarnosc conquistò tutti i seggi in cui poteva gareggiare per il Sejm e il 99% dei seggi a disposizione al Senato. Nel frattempo, molte eminenti personalità del POUP non riuscirono ad ottenere nemmeno il numero di voti minimi per entrare in parlamento. Con questi risultati il POUP ricevette una clamorosa batosta alla sua legittimazione al potere.

Seguirono intense trattative politiche nei mesi successivi. Il prestigio dei comunisti era diventato talmente basso che i suoi 2 partiti alleati decisero di abbandonare l’alleanza.  Il candidato comunista come primo ministro, il generale Czeslaw Kiszczak, non riuscì a guadagnare un sufficiente supporto al Sejm per formare un governo.

Jaruzelski propose a Solidarnosc di unirsi alla coalizione di governo, ma Walesa rifiutò. Nell’agosto 1989 divenne inevitabile la nomina di un membro del sindacato cattolico come Primo Ministro. Il generale si dimise come segretario generale del POUP, ma rimase in carica come Capo dello Stato.  Il Primo Ministro della Polonia divenne Tadeusz Mazowiecki, membro di Solidarność. Si formò così il primo governo non-comunista del blocco orientale, il quale adottò immediatamente radicali riforme economiche proposte da Leszek Balcerowicz che trasformarono la Polonia, nel giro di un anno, da uno Stato socialista ad un’economia di mercato.

Nel 1990 Jaruzelski si dimise dalla carica di Presidente della Repubblica. Gli subentrò Walesa, il quale vinse le elezioni presidenziali del 1990. Nel frattempo il POUP fu sciolto e dalle sue ceneri nacque il Partito Socialdemocratico Polacco. Nel 1991 fu sciolto il Patto di Varsavia. Le truppe sovietiche abbandonarono il suolo polacco nel 1993. Il 27 ottobre 1991 ebbero luogo le prime elezioni libere in Polonia dal 1920. Le elezioni del 1991 posero fine alla transizione tra il regime comunista e quello liberale.

 

WalesaJaruzelkski

 

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