Oltre la Cortina di Ferro – Le vite degli altri – Prima parte (Ungheria)

Qui, l’introduzione.

L’Armata Rossa arrivò in Ungheria nel settembre del 1944 e ci mise quasi 7 mesi per liberarla del tutto. A quel tempo la nazione magiara era ancora formalmente una monarchia, senza però un Re effettivo e sotto il controllo dell’ammiraglio Horthy, collaborazionista del regime nazista.

Nell’ottobre del 1944, in piena avanzata sovietica, quest’ultimo tentò di firmare l’armistizio, cosa che fece andare su tutte le furie i tedeschi che lo sostituirono con Ferenc Szalasi, leader del Partito delle Croci Frecciate, dichiaratamente nazista e antisemita. Costui governò l’Ungheria dal 15 ottobre 1944 al gennaio del 1945. In un così breve lasso di tempo il suo governo si macchiò comunque di crimini gravissimi, in primis la deportazione di migliaia di ebrei verso i campi di sterminio.

Nel dicembre del 1944 Budapest fu conquistata dall’Armata Rossa, ma il governo di Szalasi crollò solo il mese successivo. Con la firma del Trattato di pace di Parigi, l’Ungheria perse tutti i territori che aveva occupato dal 1938 al 1941.

L’Unione Sovietica si annesse la Sub-Carpazia (o Rutenia subcarpatica), che era stata parte della Cecoslovacchia prima del 1938 e che oggi appartiene all’Ucraina.  Metà della minoranza etnica tedesca (240.000 persone) fu trasferita in Germania nel periodo dal 1946 al 1948 e vi fu uno scambio di popolazione tra Ungheria e Cecoslovacchia.

Zoltan Tildy divenne il Primo Ministro provvisorio. Alle elezioni del novembre 1945 il Partito dei Piccoli Proprietari (agrario-conservatore) ottenne il 57% dei voti; il Partito Comunista Ungherese, all’epoca sotto la leadership di Matyas Rakosi e Erno Gero, ottenne il sostegno di solo il 17% dell’elettorato. Il comandante sovietico in Ungheria, Maresciallo Kliment Vorosilov , rifiutò di concedere al partito vincitore il potere di formare un governo. Vorošilov sostenne, invece, un governo di coalizione, con i comunisti che detenevano alcuni posti chiave. Il capo del partito vincitore, Zoltán Tildy, fu nominato Presidente e Ferenc Nagy divenne Primo Ministro nel febbraio 1946. Mátyás Rákosi assunse la carica di vice-primo ministro.

Il Partito Comunista Ungherese fece nominare Laszlo Rajk nel posto chiave di Ministro dell’Interno, cosa che gli permise di istituire la polizia di sicurezza (AVH). Nel febbraio 1947 iniziarono gli arresti degli esponenti del Partito dei Piccoli Proprietari e del Partito Nazionale degli Agricoltori; a questo si aggiunse la fuga all’estero di molte personalità di spicco dei 2 partiti.

Il Partito dei Lavoratori Ungheresi (unione del Partito Comunista Ungherese e del Partito Socialdemocratico) divenne il partito di maggioranza alle elezioni del 1947 ed entrò in coalizione con il Fronte d’Indipendenza Popolare. Il potere comunista andò via via espandendosi e nel 1948 il Partito Socialdemocratico cessò di esistere come organizzazione indipendente. Il suo capo, Bela Kovacs, fu arrestato e deportato in Siberia; ; altri leader di opposizione, come Anna Kéthly, Ferenc Nagy e István Szabó furono imprigionati o costretti all’esilio.

Il 18 agosto 1949 il Parlamento approvò la nuova Costituzione, modellata secondo quella sovietica. L’Ungheria divenne “Repubblica Popolare Ungherese” e il socialismo fu dichiarato obiettivo dello stato. Iniziò così il periodo stalinista in cui Rakosi, nel frattempo diventato capo dell’Ungheria, fece giustiziare più di 2000 persone e imprigionarne 100.000. Alcuni membri del partito tentarono di opporsi a questa politica marcatamente autoritaria, ma furono espulse dal partito. Si calcola che l’ammontare delle purghe staliniane in salsa ungherese fu di 200.000 persone. Tra le epurazioni più famose si ricordano quella di Laszlo Rajk, ora Ministro degli Esteri e prima Ministro degli Interni, staliniano della prima ora, ma considerato il principale rivale per il potere da Rakosi. Costui fu arrestato con la falsa accusa di essere un agente dell’Occidente e di Horthy, Tito e Trotsky e fu giustiziato. Un’altra epurazione famosa fu quella di Janos Kadar, futuro capo di stato ungherese.

Il cardinale Jozsef Mindszenty, che si era opposto al nazismo e al fascismo, fu arrestato nel dicembre 1948 e accusato di tradimento. Dopo 5 settimane agli arresti, in cui fu torturato fisicamente e psicologicamente, fu costretto a confessare tutto ciò di cui era accusato e fu condannato all’ergastolo. Anche chiese protestanti subirono ondate di repressione e i loro capi furono sostituiti con altri leali al governo Rákosi.

Rakosi ebbe però difficoltà nel gestire l’economia e, quando nel 1953 Stalin morì, fu sostituito come Primo Ministro da Imre Nagy, esponente dell’ala riformista e filo-occidentale del partito. Tuttavia, Rakosi mantenne la sua carica di segretario generale del Partito Ungherese dei Lavoratori, e nei due anni successivi i due uomini furono coinvolti in un’aspra guerra per il potere.

Tra i primi provvedimenti che il nuovo premier prese ci furono quelli di rimuovere il controllo statale dai mezzi di comunicazione e l’incoraggiare la discussione pubblica sulle riforme politiche ed economiche. In quest’ultima categoria rientravano l’accrescimento della produzione industriale e la distribuzione di beni di consumo. Nagy liberò anche molti non-comunisti detenuti nelle prigioni, e avviò dibattiti sulla materia delle elezioni libere, facendo ritirare l’Ungheria dal Patto di Varsavia.

Questi provvedimenti di “liberalizzazione” furono visti come fumo negli occhi da RakosiIl 9 marzo del 1955 il Comitato Centrale del Partito Ungherese dei Lavoratori condannò Nagy per “deviazione di destra“. Contro di lui si mobilitò anche la stampa e Nagy fu accusato di essere responsabile dei problemi economici della nazione: il 18 aprile fu deposto dalla carica a seguito di un voto unanime dell’Assemblea Generale. Rákosi tornò ad essere il capo dell’Ungheria.

Ma i guai per Rakosi non erano finiti con la defenestrazione di Nagy. Nel febbraio del 1956 il nuovo capo di stato dell’URSS Nikita Chruscev denunciò i crimini di Stalin e i suoi alleati nell’Est europeo; sostenne anche che il processo a László Rajk fosse stato una “degenerazione della giustizia”. Il 18 luglio 1956 Rákosi fu obbligato a lasciare il potere a seguito di ordini provenienti dall’URSS; tuttavia, egli riuscì ad assicurare la nomina di un suo amico fidato, Ernő Gerő, come successore.

Il 3 ottobre 1956 il Comitato Centrale del Partito Ungherese dei Lavoratori annunciò la sua ammissione di colpa per l’arresto e la detenzione di László Rajk, György Pálffy, Tibor Szőnyi e András Szalai, condannati ingiustamente nel 1949. Allo stesso tempo fu annunciato il reintegro all’interno del partito di Imre Nagy.

Il 23 ottobre del 1956 gli studenti scesero in piazza per chiedere il ritiro delle truppe sovietiche dall’Ungheria. La polizia effettuò diversi arresti e cercò di disperdere la folla lanciando i gas lacrimogeni. Quando i protestanti cercarono di liberare gli arrestati, la polizia aprì il fuoco sulla folla, provocando rivolte in tutta la capitale.

Le truppe sovietiche risposerò immediatamente occupando il giorno seguente tutti i punti nevralgici della capitale. I cittadini e i soldati si unirono in corteo al grido di “Russi, a casa!” ed eliminarono i simboli del partito comunista (famosissimo fu l’abbattimento della statua di Stalin). Il Comitato Centrale del Partito Ungherese dei Lavoratori non vide altra scelta per sedare la rivolta che nominare nuovamente Nagy come Primo Ministro.

Il 28 ottobre Nagy e i suoi sostenitori riuscirono a prendere il controllo del partito. I principali provvedimenti presi dai “riformisti” furono i seguenti:

  • Liberazione del cardinale Jozsef Mindszenty e di altri prigioneri politici;
  • Abolizione del monopartitismo statale; a ciò seguì la dichiarazione di Zoltán Tildy, Anna Kéthly e Ferenc Farkas che riguardava la rifondazione del Partito dei Piccoli Proprietari, di quello Social Democratico e del Partito Petőfi (ex Contadini);
  • Uscita dell’Ungheria dal Patto di Varsavia.

Il 3 novembre Nagy diede vita a un governo di coalizione comprendente:

  •  Comunisti;
  • Partito dei Piccoli Proprietari;
  • Socialdemocratici;
  • Partito Petofi.

Pal Maleter, capo della divisione di stanza a Budapes, fu nominato Ministro della Difesa.

Nonostante la destalinizzazione in atto, l’URSS considerava troppo ambiziose le riforme di Nagy e perciò il 4 novembre 1956 inviò l’Armata Rossa a sedare la rivolta ungherese. Non ci misero molto.

Durante la rivolta, furono uccise circa 20.000 persone, quasi tutte durante l’invasione sovietica. Imre Nagy, il giornalista Miklos Gimes (amico e collaboratore del Primo Ministro) e Pal Maleter furono arrestati e imprigionati fino alla loro esecuzione avvenuta nel 1958. Nagy fu sostituito a capo del Partito Socialista Operaio Ungherese (successore del Partito Ungherese dei Lavoratori) da Janos Kadar, ex suo sodale ora ritornato fedele all’URSS.

La rivoluzione ungherese provocò reazioni anche in Italia, soprattutto tra le fila del PCI. Alcuni tra gli intellettuali di riferimento del partito come Antonio Giolitti, Eugenio Reale, Vezio Crisafulli, Fabrizio Onofri , Natalino Sapegno, Domenico Purificato, Gaetano Trombatore, Carlo Aymonimo, Carlo Muscetta, Loris Fortuna, Antonio Ghirelli, Italo Calvino, Elio Vittorini, Rachele Farina abbandonarono il partito. Anche il segretario della CGIL, Giuseppe di Vittorio, si espresse con toni molto duri nei confronti dell’invasione sovietica.

Dapprima Kadar attuò il pugno di ferro contro gli insorti: 21.600 dissidenti furono imprigionati, 13.000 internati e 400 uccisi. Agli inizi degli anni ’70, tuttavia, Kadar annunciò un nuovo corso nella politica ungherese. Dichiarò un‘amnistia generale, attenuò alcuni eccessi della polizia segreta e introdusse un nuovo corso di cultura relativamente liberale.

Nel 1966 il Comitato Centrale approvò il “Nuovo Meccanismo Economico”, attraverso il quale cercò di migliorare l’economia, aumentare la produttività, rendere l’Ungheria più competitiva nei mercati globali e creare prosperità per promuovere la stabilità politica. Nei due successivi decenni di relativa quiete, il governo di Kádár rispose alternatamente alle pressioni per piccole riforme politiche ed economiche, come a contropressioni degli oppositori alle riforme. All’inizio degli anni ottanta, erano state raggiunte alcune riforme economiche durature e limitate liberalizzazioni politiche, con una politica estera che incoraggiava i commerci con l’Occidente. Ciononostante, il Nuovo Meccanismo Economico portò all’innalzamento del debito.

La transizione ungherese verso la democrazia fu tra le più indolori e dolci del blocco orientale. Sul finire del 1988 gli attivisti del partito, gli intellettuali di Budapest e la burocrazia continuavano a spingere sul pedale del cambiamento. Alcune di queste categorie divennero socialiste riformiste, mentre altre divennero movimenti che si svilupparono poi in partiti. I giovani liberali di Viktor Orban, attuale Premier ungherese, fondarono la Federazione dei Giovani Democratici (Fidesz); il nucleo della cosiddetta Opposizione Democratica stabilirà il Forum Democratico Ungherese (MDF). L’attivismo civile si intensificò fino a un livello mai raggiunto dopo l’insurrezione del 1956.

Nel 1988, Kádár fu sostituito come Segretario Generale del Partito Comunista da Karoly Grosz, il leader riformista comunista Imre Pozsgay fu ammesso al Politburo e il giovane economista Miklos Nemeth divenne primo ministro. Nel 1989 il Parlamento adottò una serie di importanti liberalizzazioni:

  • Unioni Commerciali pluraliste;
  • Libertà di associazione, assemblea e stampa;
  • Una nuova legge elettorale e nell’ottobre del 1989 una revisione della Costituzione;

Nel febbraio del 1989 un plenum del Comitato Centrale adottò il sistema politico multipartitico e la caratterizzazione della rivoluzione del 1956 come “rivolta popolare”, secondo le parole di Pozsgay. I principali avversari politici di Kádár cooperarono per muovere la nazione verso la democrazia; l’URSS ridusse la sua stretta firmando nel mese di aprile un accordo per il ritiro delle truppe sovietiche nel giugno 1991.

Il 16 giugno la ritrovata unità nazionale culminò nella celebrazione postuma dei funerali di Imre Nagy, il leader comunista riformista della rivoluzione del 1956.

Nell’ottobre del 1989 il Partito Socialista Operaio Ungherese si riunì per l’ultima volta e cambiò il suo nome in Partito Socialista Ungherese (MSZP). Nel giorno della rivoluzione del 1956, il 23 ottobre, fu ufficialmente dichiarata la Repubblica d’Ungheria (dal Presidente provvisorio della Repubblica Matyas Szuros). La costituzione sottolineò anche i “valori della democrazia borghese e del socialismo democratico”, e diede eguale status a proprietà pubblica e privata.

First Secretary of the Central Committee of the Hungarian Socialist Workers' Party Janos Kadar at the meeting of the HSWP delegation and the activists of the Soviet-Hungarian Friendship Society at the House of Friendship with Foreign People. 26th Congress of the CPSU.

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