I viaggi a est dell’Imperatore 3 – Ucraina

Ucraina – Un Paese in guerra, ma che non si sappia in giro

Alcuni giorni fa un caro amico, rientrando da un viaggio di lavoro in Ucraina, si è trovato a dovere attraversare la frontiera tra il Paese ex sovietico e la Polonia. Giunto alla dogana, è stato fermato da delle svogliate guardie di confine che, dopo avergli requisito il passaporto, gli hanno intimato di compilare un questionario in cirillico. Alla sua osservazione che non capiva il cirillico, nessuno ha risposto, anzi, piuttosto infastidita, la guardia è rimasta a fissarlo per diversi minuti, finché il malcapitato gli ha allungato venti euro e, magicamente, il documento veniva ritirato, timbrato e la frontiera si apriva.

Questo è un racconto abbastanza usuale per chi avesse la sventura di passare la frontiera terrestre dell’Ucraina, per chi arriva in aereo invece è tutto più facile, ma i pagamenti delle mazzette ai poliziotti, ai funzionari e a diversi soggetti, è solo posticipata di qualche ora e si renderà indispensabile per fare qualsiasi cosa.

Se nella parte occidentale del Paese l’inconveniente è la corruzione a ogni livello, in quella orientale, il problema è di infilarsi in vere aree di guerra e in territori dove non è chiaro nemmeno chi comandi, se gli ucraini, i separatisti russi, le milizie locali o semplici sbandati.

A due anni da piazza Majdan e dalla secessione e occupazione della Crimea, Kiev governa su un Paese semi fallito e non più in grado di estendere la propria autorità su tutto il territorio (il più grande d’Europa dopo la Russia).

Qualche dato sull’economia: Inflazione all’11%, era arrivata al 40%, il Pil di quest’anno dovrebbe salire di uno scarso 1%, dopo due cali negli anni precedenti del 9,7% e del 6,8%. Così il Paese sopravvive grazie agli aiuti occidentali.

Ma soprattutto a incidere è la guerra continua, dimenticata dai media occidentali, che ha prodotto almeno 10.000 morti e 30.000 feriti, oltre ad avere affondato le già scarse credenziali del Paese in tema di diritti umani e libertà di stampa (e parliamo della parte sotto il controllo di Kiev, per quella in mano ai filo russi non ci sono dati ufficiali ma è sicuro che le cose non vadano meglio).

Alcuni giorni fa si è verificato un piccolo fatto che potrebbe avere importanti conseguenze o, almeno, significare un’evoluzione della situazione. Con uno scambio di prigionieri russi, la pilota militare ucraina Nadija Savčenko è stata rilasciata dopo quasi due anni di prigionia. Secondo alcuni commentatori questo “scambio” di prigionieri potrebbe segnalare il miglioramento dei rapporti tra Mosca e Kiev attraverso il progresso del processo di pace nel Donbass, così come definito negli accordi di Minsk. Si andrebbe allora a una definizione del confine russo-ucraino, un’autonomia delle regioni contese entro lo Stato ucraino e un patto di convivenza tra Mosca e Kiev.

Si può essere quindi ottimisti? Non molto. Anche arrivando a un accordo, si dovrebbe passare per il parlamento di Kiev e all’interno della Rada a predominare sono le posizioni dei gruppi radicali, contrari a qualunque accordo.  Molto più realisticamente, si può dire che lo scambio di prigionieri tra Mosca e Kiev non preannunci nessun cambiamento, e la situazione potrebbe continuare a trascinarsi per anni.

Del resto, ciò che appare evidente è che le chiavi per risolvere il conflitto non stanno a Kiev e che gli alleati degli ucraini, americani ed europei, sono molto prodighi nel sostegno a parole, un po’ meno in fatto di soldi, ma, soprattutto, hanno sempre meno voglia di alzare i toni con Mosca.

E qui arriviamo al punto: al momento la soluzione della vicenda sta proprio a Mosca. Al Cremlino sanno benissimo di avere il coltello dalla parte del manico: l’Ucraina dipende ancora in larga misura dai legami con l’economia russa e l’occidente ha troppi interessi economici e politici per alzare ulteriormente il livello  dello scontro con la Russia.

Quindi siamo davanti al concreto rischio di un conflitto tra Russia e Ucraina? Mosca è pronta a intervenire direttamente per l’indipendenza della Repubblica Popolare di Donetsk e della Repubblica Popolare di Lugansk, per poi annettersele come fatto con la Crimea? No.

Al momento agli ex capetti del Kgb che governano al Cremlino va bene così, e un focolaio di sentimento nazionalistico da tenere sempre acceso, accanto a quelli anti turco e anti occidentale, fa sempre comodo in termini di popolarità, specie in tempi di crisi economica.

Così mi pare azzeccata la risposta che alla mia domanda “Quando finirà questo conflitto tra Russia e Ucraina?”, mi ha dato l’amico ed ex inviato della Rai a Mosca ai tempi dell’Unione Sovietica, Demetrio Volcic: “Perche dovrebbe finire?”.

Commodo

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