Le Guerre jugoslave (1990-1995) – Guerra d’indipendenza croata – Epilogo

Guerre Jugoslave – Vittime e profughi

La maggior parte delle fonti stabilisce il numero totale di morti intorno alle 20.000 unità per entrambi gli schieramenti. La Croazia stimò le sue perdite in 12.000 morti o dispersi, inclusi 6.788 soldati e 4.508 civili. Goldstein accenna a 13.583 morti o dispersi croati. Al 2010, la Croazia contava ancora 1997 persone disperse. I disabili di guerra erano stimati in 52.000 unità; in questo numero non vanno incluse soltanto le persone menomate dalle ferite, ma anche quelle che in seguito alla guerra iniziarono a soffrire di patologie croniche come diabete, cardiopatia e disturbo da stress post traumatico.

In totale, la guerra causò 500.000 tra rifugiati e deportati, in particolare a causa dell’offensiva della JNA tra il 1991 e il 1992. Nel 2006 l’OCSE sostenne che i deportati furono 221.000, 218.000 dei quali tornarono nelle loro case alla fine della guerra. Dal 1991, circa 150.000 croati  in fuga dalla Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina hanno ottenuto la cittadinanza in Croazia. Il numero aumentò ulteriormente in seguitò all’espulsione della popolazione croata dal villaggio di Hrtkovci in Vojvodina.

L’ONG Veritas di Belgrado ha stilato una lista di 6780 tra morti e dispersi in Krajina, di cui 4.324 militari e 2.344 civili. La maggior parte dei morti/dispersi si ebbe nel 1991 e fu concentrata nella Dalmazia settentrionale. Lo JNA ha ufficialmente riconosciuto di aver avuto 1.279 morti nel corso della guerra. Tale numero sembra però inferiore alla realtà, dato che molte morti non sono state registrate.

A seguito dell’Operazione Tempesta fonti serbe stimano in 250.000 i deportati serbi (furono 120.000 tra il 1991 e il 1993, sempre secondo fonti serbe). Ma per fonti internazionali il numero di deportati serbi fu molto più alto, attorno alle 300.000 persone. Amnesty International cita appunto la cifra di 300.000, 117.000 dei quali sono tornati nelle proprie case entro il 2005. Cifre simili sono riportate dell’OCSE. Secondo l’UNHCR, nel 2008 125.000 persone erano tornate in Croazia, 55.000 delle quali per rimanervi stabilmente. Per fornire assistenza alle vittime della guerra, in Croazia sono sorte numerose associazioni non governative, la più importante delle quali è la HVIDRA.

Danni e perdite

A causa della guerra l’economia croata perse tra il 21 e il 25%. I danni infrastrutturali ammontavano a 37 miliardi a cui vanno sommati le perdite delle esportazioni e la creazione dei rifugiati. Entrambe le parti hanno avuto rifugiati e profughi: croati verso l’inizio delle ostilità e serbi verso la fine. Nonostante il rientro di molte persone nei luoghi d’origine e la cooperazione tra Serbia e Croazia, alcune dispute rimangono a causa dei verdetti del Tribunale Internazionale per i crimini nella ex-Jugoslavia (ICTY) e le citazioni in giudizio generate da ognuna delle parti nei confronti dell’altra.

Crimini di guerra

Nel 2007 l’ICTY ha condannato uno dei capi dei serbi di Croazia Milan Martic stabilendo che si era accordato con Milosevic per creare uno “stato serbo unificato”. Nel 2011 i generali Gotovina e Markac sono stati ritenuti colpevoli di aver fatto parte di un’organizzazione criminale che aveva il compito di espellere tutti i serbi dalla Krajina per ripopolarla con profughi croati.

Ruolo della  Serbia

Durante della Guerra

Sebbene Serbia e Croazia non si dichiararono mai guerra, la nazione guidata da Milosevic fu coinvolta direttamente ed indirettamente nel conflitto attraverso azioni determinate anche dal fatto che essa possedeva gran parte del materiale bellico dell’ex armata popolare jugoslava (JNA). Quando la Jugoslavia si sgretolò la Serbia si trovò in mano una grossa disponibilità di manodopera e venne collegata al conflitto grazie al fatto che uomini serbi erano presenti nell’ex presidenza jugoslava e nel Ministero della Difesa. La Serbia supportò varie unità paramilitari desiderose di combattere in Croazia e sul suo territorio furono istituiti campi di concentramento dove furono commessi crimini contro i detenuti croati.

Durante il processo a Milosevic svoltosi all’Aja fu rivelato il coinvolgimento di Belgrado nella guerra d’indipendenza croata. Le prove esposte al processo dimostrano in maniera inequivocabile come la Serbia fornì armi ai ribelli serbi presenti in Croazia per proseguire la guerra e la creazione di strutture amministrative per perseguire tale fine. è stato accertato che a partire dal 1993 Belgrado contribuì segretamente al 90% delle entrate presenti nel bilancio della Repubblica Serba di Krajina. Altre prove hanno dimostrato che alcune branche del servizio contabile statale della Krajina vennero incamerate nel maggio 1991 nella controparte serba.

Nel 1993 il Dipartimento di Stato americano riportò che dopo le operazione a Maslenica e nella sacca di Medak le autorità serbe dispiegarono varie unità di volontari nei territori croati occupati dai serbi per continuare i combattimenti. Un segretario di Arkan rivelò che il suo leader prelevò ingenti quantità di soldi direttamene dalle casse della polizia segreta serba. L’influenza serva si estese anche ai negoziati tra Croazia e Krajina, con quest’ultima che consultò Milosevic prima di prendere una decisione.

Grossa influenza rivestirono i mass media serbi, manipolati direttamente da Milosevic per giustificare l’operato della Krajina e della JNA. Alcuni esempi sono la diffusione della notizia di civili serbi uccisi dalla polizia croata a Pakrac (eccidio mai avvenuto) e il divampare di incendi a Ragusa in seguito a bombardamenti di artiglieria JNA, mentre in realtà i fuochi erano conseguenza di gomme bruciate dagli stessi croati.

Dopo la guerra

L’accordo di Erdut mise fine alla Guerra d’indipendenza croata. Da lì in poi le relazioni tra Croazia e Serbia migliorarono, con l’avvio di contatti diplomatici nel 1996. Il 2 luglio 1999 la Croazia denunciò la Repubblica Federale di Jugoslavia appellandosi all’articolo IX della Convenzione sulla prevenzione e repressione dei genocidi. La Serbia fu identificata come sua “erede” ufficiale e perciò dovette difendersi dalle accuse.  Il 4 gennaio 2010 la Serbia rispose denunciando scomparse, uccisioni, deportazioni ed azioni militari illegali, in piena prosecuzione dei genocidi in Jugoslavia durante la Seconda Guerra Mondiale perpetrati dallo Stato Indipendente di Croazia.

Nel 2010 i rapporti tornarono sereni grazie alle visite del presidente croato Ivo Jopisovic a Belgrado e di quello serbo Boris Tadic a Zagabria e Vukovar. Tadic espresse il suo rammarico e le scuse di tutto il suo paese per gli scontri degli anni ’90, mentre Jopisovic  auspicò, presso il monumento a ricordo del massacro di Ovcara, che nessun crimine debba rimanere impunito.

Ruolo della comunità internazionale

Il conflitto in Croazia si sviluppò nel bel mezzo della Guerra del Golfo e della crescente preoccupazione per la crescita del prezzo del petrolio, fenomeno accompagnato da una flessione della crescita economica mondiale. Allo stesso tempo, sul modello di quanto stava accadendo nell’ex Jugoslavia, anche in Occidente crebbero correnti nazionaliste e in Russia prese sempre più corpo la politica del laissez-faire. Nel 1989 la comunità internazionale assunse un atteggiamento amichevole verso il governo jugoslavo, con l’ONU che impose un embargo di armi a tutte le repubbliche separatiste jugoslave.

A seguito del riconoscimento di Croazia e Slovenia alla fine del 1991 lo status della Jugoslavia diventò una questione molto delicata per gli stati di tutto il mondo. Le neonate repubbliche baltiche di Lettonia, Lituana ed Estonia riconobbero l’indipendenza di Slovenia e Croazia, che a loro volta si erano riconosciuti l’un l’altro (Il Vaticano riconobbe poi la sola Croazia cattolica). Il 19 dicembre 1991 l’Islanda, il primo stato occidentale a riconoscere i due stati ex jugoslavi, si aggiunse ai paesi baltici. A seguire, tra il 19 ed il 23 dicembre, si accodarono Germania, Svezia e Italia, mentre l’Unione Europea riconobbe le due repubbliche il 15 gennaio 1992.

Di seguito, la posizione di 4 degli stati più influenti del mondo:

  • Gran Bretagna: il governo di John Major preferì mantenersi su posizioni neutrali;
  • U.S.A: il presidente George Bush senior si mantenne su posizioni neutrali come il governo britannico. Questo atteggiamento cambiò nel 1992 con l’elezione di Bill Clinton alla presidenza;
  • Germania: il governo presieduto da Helmut Kohl mostrò più interesse per la questione croata rispetto ad americani e britannici, però la sua azione fu fermata dal processo di riunificazione;
  • Russia: i paesi orientali erano legati alla Serbia da questioni culturali e linguistiche. La Russia fu restia a riconoscere l’indipendenza della Croazia, ma non ebbe un ruolo attivo nell’incoraggiare l’espansione serba.

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