IL MAPPAMONDO: Irlanda e Slovacchia nell’incognita, poi Giamaica, Niger, Iran e Lettonia

Gli ultimi giorni sono stati ricchi di importantissimi appuntamenti elettorali: due elezioni parlamentari in Europa (Irlanda e Slovacchia), una in Giamaica e una in Iran. Sono poi stati resi pubblici i risultati definitivi del primo turno in Niger, che, per un soffio, porteranno ad un secondo turno il Paese africano.
IRLANDA
In Irlanda la situazione è ancora bloccata. I dati parziali riportati in un precedente post di questo blog sono stati confermati, in quanto la coalizione attualmente al Governo (il centrodestra di Fine Gael e i Laburisti) non è riuscita a ottenere la maggioranza dei seggi. Anzi.
Insidiati dalle misure di austerity del governo di coalizione di Enda Kenny, gli elettori labour hanno voltato le spalle al loro partito di riferimento, che risulta il vero sconfitto di queste elezioni. Non salendo in massa, però, sul carro di Sinn Fein, la sinistra nazionalista irlandese, che, sebbene in rialzo, non è riuscita ad arrivare a un risultato ancora migliore come lasciavano intendere i sondaggi.
Parzialmente vincitore è il Fianna Fail, il partito centrista storico avversario del Fine Gael, che dovrà però mettere da parte le armi, se si vorrà formare un governo. Oltre ai seggi in tabella, ci sono altri partiti che hanno ottenuto degli scranni: 15 seggi sono andati ad altri partiti di sinistra (Indipendenti per il Cambiamento, i Verdi, la Sinistra antiausterity dell’AAA-PBP e i Socialdemocratici), e ben 19 agli indipendenti.
Nella cartina, il partito del candidato (non indipendente) più votato per costituency: in azzurro il Fine Gael, in grigio il Fianna Fail, in rosso il Sinn Fein, in rosa i Socialdemocratici, in verde il Green Party, in marrone la sinistra antiausterity. Mentre la sinistra vince a Dublino e nelle terre affacciate sul Mar d’Irlanda, il Fine Gael va più forte sull’Atlantico; Fianna Fail è invece dominante un po’ in tutto il Paese.
I seggi sono 158, la maggioranza è a 79: eclissata ogni possibilità di riedizione della maggioranza uscente, l’unica opzione probabile sembra un governo di centrodestra frutto di una coalizione tra gli storici nemici Fine Gael e Fianna Fail. A tutt’oggi diversi indipendenti ed esponenti di partiti minori si stanno presentando alla porta di Enda Kenny, che è però consapevole che i loro voti non basteranno. A marzo i colloqui, ma la strada appare in salita.
SLOVACCHIA
In Slovacchia si sono svolte le elezioni per il rinnovo del Parlamento lo scorso sabato 5 marzo.
Vincitori sono ancora i Socialdemocratici del premier uscente Robert Fico, partito teoricamente e dichiaratamente di centrosinistra, ma in realtà conservatore sui diritti civili e acerrimo nemico dei rifugiati sirani, e per questo di recente espulso dal Partito Socialista Europeo. Ma la maggioranza è solo relativa, e i numeri in Parlamento sono insufficienti per riuscire a governare. Fico necessiterebbe infatti di 76 voti.
In realtà, i veri vincitori politici di questa tornata elettorale sono gli antieuropeisti e l’estrema destra. Il partito SaS, arrivato secondo, ha raddoppiato i consensi rispetto alle europee del 2014: il suo programma politico è alquanto particolare, in quanto si distingue per l’euroscetticismo, ma al contempo è liberista in economia, ed è il partito più libertario del Paese sui diritti civili (cosa che lo differenzia dalla media dei partiti antieuropei). Vista la feroce critica alle politiche sociali di Fico, un’alleanza appare oggi poco probabile.
Ottimi risultati quelli dell‘estrema destra neofascista, che messa insieme arriva al 17% dei suffragi. Il Paese slavo, come d’altronde altri Paesi dell’Europa dell’Est, che hanno mostrato negli anni più recenti di non avere mai completamente assimilato i valori democratici occidentali, si sta pericolosamente dirigendo verso la strada dell’estremismo.
Fico dovrà quindi cercare consenso tra i conservatori e il centrodestra filo-ungherese di MostHid.
Con la caduta del governo unico socialdemocratico a Bratislava, di governi monocolore di centrosinistra e con pieno potere esecutivo nell’Unione Europea sono rimasti solo due: in primis, la Francia di François Hollande (e di Valls), poi solo Malta.
GIAMAICA
I risultati elettorali in Giamaica hanno visto la sconfitta del governo di centrosinistra guidato da Portia Simpson-Miller, e la vittoria del centrodestra, avvenuta per soli quattromila voti di differenza.
Portia Simpson-Miller, detta “Mama Portia” o “Sista Portia”, molto amata in tutto il Paese, ha visto incrinare la fiducia nei suoi confronti negli ultimi tempi, ed è stata sconfitta da un centrodestra che dovrà, però, governare con un unico seggio di vantaggio. Nella storia della Giamaica, i liberalconservatori non sono mai riusciti a ottenere un’ampia maggioranza, ma hanno raggiunto al massimo una sorta di parità. Mama Portia aveva cercato di tenere a bada il Paese, dilaniato dalla violenza (è uno dei Paesi non in guerra dove l’omicidio è più diffuso), dalle bande rivali, dall’omofobia. I liberalconservatori dovranno, con una maggioranza minima, cercare di proseguire il lavoro di Simpson-Miller senza lasciarsi andare a populismi facili, e saranno costretti a cercare in qualche modo una collaborazione con l’opposizione.
NIGER
I risultati reali in Niger hanno visto sfiorare la vittoria al primo turno l’attuale uscente Mahamadou Issoufou.
Il partito socialdemocratico di Mahamadou Issoufou, pur avanzando di moltissimo rispetto alle iniziali prospettive, non è riuscito ad accaparrarsi la vittoria al primo turno. Il rivale di centrodestra Amadou, in carcere per sospetto traffico di minori, e che denuncia una violazione dei propri diritti elettorali da parte del Presidente uscente, pur ottenendo un risultato relativamente basso, è riuscito a conquistare una seconda sfida con Issoufou. Il secondo turno si terrà ad Aprile.
Altre notizie:
- Pochi giorni fa si sono tenute le elezioni parlamentari in Iran. Per il momento, sembra profilarsi una vittoria dei riformisti e dei moderati indipendenti fedeli al Presidente Rouhani, e una sconfitta dei principlisti conservatori. Netta la distanza tra il riformismo spinto delle grandi città e il conservatorismo delle campagne. Il secondo turno, che indicherà definitivamente quali saranno i numeri in Parlamento, si svolgerà il prossimo mese di aprile;
- Ha ufficialmente chiuso il proprio mandato il governo di centrodestra di Laimdota Straujuma in Lettonia. La lady di ferro del piccolo Paese baltico, che aveva cercato in ogni modo dal 2014 di fare del suo governo un fortino di acciaio contro i rischi di ingerenze russe (coadiuvate dalla vittoria politica alle elezioni del partito di sinistra filo-russo Harmony), ha dovuto cedere a una coalizione litigiosa su tutto, dalle riforme di austerity ai tagli alla scuola e alle politiche sociali, alla gestione della compagnia aerea di Stato iper-indebitata, alla gestione dell’affare migranti. Straujuma, dimessa nel 2015, ha inutilmente indicato come suo successore un membro del suo stesso partito Unity.
La premier lettone è infatti stata rimpiazzata da Maris Kucinskis, dell’Unione dei Verdi e degli Agricoltori, partito arrivato terzo alle ultime elezioni, centrista, federalista, agrario, ambientalista, ma, al contrario di Unity, senza dubbio euroscettico.